Perdere il corpo

La transizione nel Cyberspace annulla la presenza del corpo reale.

Ciascuno può decidere di rappresentarsi come vuole, può falsificare la propria immagine, fino al caso emblematico di una vecchia signora quasi completamente paralizzata che aveva intrattenuto rapporti epistolari con mezza America digitando i dati sulla tastiera con una bacchetta sulla fronte, rivelatasi poi nient'altro che un neuropsichiatra interessato a studiare casi di dissociazione mentale.

Ogni volta che si entra nel Cyberspace si lascia il proprio flesh body per rivestirsi di un information body, cioè di un corpo costruito dalle descrizioni che noi diamo di esso, per come ci vediamo, vorremmo vederci o vorremmo essere visti.

Il corpo è il luogo della necessità, in quanto è limitato, invecchia seguendo un processo irreversibile, è sessuato, è un segnaposto nella scala sociale; è sottoponibile dunque solo in parte alla nostra volontà.

Perché questo corpo?

Le risposte possono essere due, una che giustifica razionalmente la relazione fra l'anima e il corpo, l'altra che non riesce a giustificarla: la Metempsicosi e la Mente di Dio.

Nella concezione indiana, ciascuno ottiene un corpo in consonanza con i comportamenti avuti nella vita precedente. Ciascuno è causa del proprio corpo, della propria malattia e bruttezza.

Inutile ricordare poi il mito di Er, dove ciascuno sceglie il proprio involucro mortale prima di tornare sulla terra.

Ma la concezione platonica del corpo, così a lungo travisata o per lo meno interpretata in modo riduttivo, si rende invece chiarissima in tre passi delle sue Opere: nel Timaios, nel Cratilos e nel Symposion stesso.

Nel Timaios si dice che il demiurgo, dopo aver costruito l'anima, costruisce il corpo con le stesse proporzioni di questa, il corpo è quindi un'immagine del modello costituito dall'anima.

Nel Cratilos, alla derivazione di natura orfico-manichea (per così dire) di soma da sema (carcere) affianca una derivazione da sema (segno), connesso con la radice di semainein. Un'affermazione del genere, in un dialogo dove si parla dell'analogia fra significato e significante, conferma implicitamente un'analogia, una consonanza fra anima e corpo.

Nel Symposion infine, non si deve dimenticare che l'amore per il corpo bello è il primo e necessario gradino della scala d'amore. Negare questo sarebbe come credere che un filologo voglia risalire all'archetipo senza tenere conto dei testimoni.

E non a caso la filologia quattrocentesca nasce in seno al neoplatonismo.

Vi è però un altro modo di concepire il corpo, cioè come qualcosa di misterioso, separato e in contrasto con l'anima, causato da una volontà esterna all'uomo e di natura diversa.

Credo che questa concezione tragga origine dalla cultura ebraica, dove ciascuno è creato dalla insondabile volontà di Dio con modalità che si sottraggono ai rapporti consueti di causa ed effetto, di colpa e di pena: perché Giobbe viene colpito in quel modo?

Ma è sufficiente confrontare il gioco delle analogie nelle Metamorfosi di Ovidio con l'assurda e ingiustificabile Metamorfosi di Gregor Samsa, a sostegno di questa tesi.

Il Cristianesimo, nato dalla fusione di queste due civiltà, ha sempre avuto un rapporto ambiguo con il corpo: fuggire la bellezza della carne-avere una madre di Dio bellissima; fuggire la carne-risorgere con il corpo...

L'approccio al Cyberspace richiede nuove prese di posizione di fronte al problema, nuovi rovesciamenti paradossali:

Per il corpo nel Cyberspace noi siamo la mente.

Il corpo nel Cyberspace è immortale, mentre lo spirito che lo anima, che abita in un corpo al di fuori del Cyberspace, è mortale»[1]



1 M. Novak, Architetture liquide nel Ciberspazio, in AAVV, Cyberspace, a cura di Michael Benedikt, Muzzio Nuovo Millennio, p. 250

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