Dal cogito al cogitamus

Secondo Pierre Lévy[1] è necessario però passare dall'idea di intelligenza artificiale all'idea di intelligenza collettiva che soltanto la rete è in grado di offrire.

Ci deve essere un cambiamento di paradigma, dal cogito al cogitamus, dato che le nuove tecnologie consentono di creare dispositivi di comunicazione per "pensare insieme", offrendo strumenti di coordinazione e di comunicazione che mettono in contatto milioni di persone.

In questo modo il sapere diventa «un continuum, un oceano di conoscenze senza confini», dove, fra l'altro, avviene uno spostamento da «un'estetica del messaggio ad un'estetica dell'interattività.»[2] Non si deve però pensare che l'intelligenza collettiva debba in qualche modo inibire le ricerche sull'intelligenza artificiale: gli agenti sono in un certo senso i portinai della comunicazione, ed è giusto affidare a macchine tutto ciò che possiamo far fare a macchine, solo in questo modo l'uomo, affrancato dalla ripetitività, può dedicarsi a costruire (cioè, a cercare) la sua umanità.



1 Pierre Lévy, L'intelligence collective, Ed. La Découverte

2 Virtual n. 18, pp. 36-38

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